LILLI
E TONDO di Lara Zavatteri
LILLI
La
mia infanzia non sarebbe stata speciale senza gli animali. Ricordo
che Lilli arrivò in una scatola, inaspettatamente portata da mio
zio. Tornando da scuola, un giorno (frequentavo le elementari)
guardai dentro la scatola e vi scorsi due batuffoli pelosi, uno nero
e un po' bianco, l'altro color marrone chiaro. Erano due cuccioli,
due bastardini, nati da Diana, la cagnetta di mio zio. Con mia grande
sorpresa, scoprii che potevamo tenere uno dei due cagnetti, si
trattava di decidere quale. Io a dire il vero avrei voluto tenerli
entrambi, non sapevo decidermi tra l'uno e l'altro e mi parevano uno
più bello dell'altro. Intanto, fantasticavo sul nome che avrei dato
al cagnolino e pensai di chiamarlo Briciola: suonava bene e mi pareva
buffo. Alla fine scelsi il cagnolino nero, che aveva delle chiazze
bianche e qualcuna marrone ma in casa lo si battezzò con un altro
nome: Lilli. Si trattava infatti di una cagnetta e da lì a pochi
giorni, siccome mio zio abitava in Friuli, Lilli dovette salutare la
mamma Diana e il fratello. Era ancora piccina e piangeva per quella
separazione, pensavo tra me e me a come doveva sentirsi sola in
quella casa nuova, senza i suoi affetti e mi dispiaceva per lei.
Intanto i giorni passarono e Lilli si abituò un po' alla volta alla
casa e alla sua nuova famiglia, dormiva nell'appartamento dove
vivevamo io, i miei genitori, le mie sorelle e mio fratello e per
questo non mancarono gli incidenti. La mamma allora la sgridava e
Lilli correva a rifugiarsi sotto il letto. La raggiungevo e vedevo
che era spaventata perché teneva il muso tra le zampe e si guardava
in giro con gli occhi, con aria colpevole. Doveva capire che per i
suoi bisognini sarebbe uscita tre volte al giorno e anche a questo si
abituò con il tempo. Era una cagnolina golosa, la sua specialità
preferita erano le meringhe, tanto che ne aveva una anche per il suo
compleanno e la divorava contenta. Anch'io la portavo fuori,
d'inverno pareva diventata pazza e correva sui prati ricoperti di
neve tanto che al ritorno bisognava asciugarla tutta mentre nelle
altre stagioni, come una talpa, scavava buche dalle quali riemergeva
con il muso e le zampe completamente marroni, sporche di terra. Era
brava a fare la guardia. Bastava che qualcuno si avvicinasse alla
porta, prima ancora di bussare, che Lilli, sentendo i passi,
iniziasse ad abbaiare come una forsennata. Quando lo zio arrivava per
qualche giorno, Lilli poteva anche rivedere sua mamma, Diana, e
sempre si facevano grandi feste. Purtroppo l'altro cagnetto non si
vide più, perché venne rubato e di lui non sapemmo più nulla.
Lilli aveva anche un piccolo scialle azzurro che le faceva da
copertina, l'inverno, e mia madre aveva cucito anche un cappottino
che le mettevamo quando fuori faceva molto freddo, anche se a lei
dava un po' fastidio. Vissi con lei tutta la mia infanzia e molto di
più. Fece amicizia anche, un anno dopo, con il gatto che battezzammo
Tondo e si vollero sempre bene, quasi non fossero nemmeno cane e
gatto. Lilli visse 19 anni, perciò ha accompagnato tanta parte della
mia vita. È morta a casa, in cucina, per un blocco renale. Ho visto
quando i suoi occhi si sono spenti e quando non ha respirato più.
Allora ho pensato che un pezzo della mia vita era morto per sempre e
che non sarebbe tornato più, è stato come perdere qualcuno di
famiglia e ancora oggi, mentre scrivo, mi pare strano che non ci sia
più. L'abbiamo sepolta in giardino, avvolta nel suo scialle color
cielo. Invece il cappotto e il guinzaglio li abbiamo tenuti, anche se
non serve niente di materiale per ricordare qualcuno a cui si è
voluto così bene.
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